SCOPO:
Il saggio alla fiamma viene utilizzato per identificare vari elementi della tavola periodica in base al colore che emettono quando sono riscaldati alla fiamma di un becco Bunsen.
ATTREZZATURE:
Becco Bunsen, filo di platino fissato su una bacchetta di vetro; vetrini da orologio contenenti la sostanza da analizzare; provetta graduata, spatola, bacchetta di vetro.
INTRODUZIONE TEORICA:
I saggi si eseguono generalmente alla fiamma ossidante del Bunsen. Si eseguono facendo aderire una piccola quantità di sostanza al filo di platino bagnato con HCl.
Si avrà:
MeX2 + 2Cl- → MeCl2 + 2X-
Il cloruro che si forma nella parte bassa della fiamma è molto volatile, cioè evapora sotto forma molecolare e va verso gli strati più caldi della fiamma.
Una volta raggiunta la zona di fusione e la zona superiore ossidante, si ha la rottura dei legami Me-Cl in modo omolitico e si formano gli atomi Me e Cl.
L'atomo Me si trova nella struttura elettronica fondamentale; a tale temperatura, però, l'atomo assorbe energia termica che fa compiere agli elettroni delle transizioni a livelli energetici superiori. Si dice che in queste condizioni l'atomo è eccitato.
Tale stato elettronico è instabile e l'elettrone decade allo stato fondamentale riemettendo l'energia assorbita precedentemente sotto forma di energia elettromagnetica radiante.
Alcune di queste radiazioni emesse ricadono nel campo del visibile e, fra di esse, quella più probabile conferisce il colore alla fiamma.
L'apporto di energia è piuttosto limitato, per cui si potranno evidenziare solo poche sostanze, le più volatili (metalli o ioni alcalini e alcalino terrosi).
MATERIALI E REAGENTI
Li2CO3 (carbonato di litio), SrCO3 (carbonato di stronzio); 10 ml di una soluzione di HCl concentrato 6M.
Se non si dispone di una soluzione di HCl 6M si può prepararla partendo ad esempio dall'acido cloridrico fumante presente nel laboratorio.
Facciamo qualche piccolo calcolo per "scoprire" la molarità dell'HCl fumante di partenza.
Preparare 10 ml di una soluzione di HCl concentrato 6M sapendo che la massima concentrazione dell'HCl in acqua è 37% p/p e che la sua densità (ρ) è 1,187 g/ml.
Calcolo i grammi di soluzione:
(FORMULA GENERALE DELLA DENSITÀ)
quindi:
g = 1.187 (g/ml) · 1000 (ml) = 1187 g di soluzione.
Imposto una proporzione:
37 g di HCl : 100 g di soluzione = x g di HCl : 1187 g di soluzione
(grammi di HCl in un litro di soluzione)
Calcolo il numero di moli:
Visto che ho rapportato tutto ad un litro di soluzione le moli sono pari alla molarità!
, ovvero 12.04 M
Per preparare 10 ml di soluzione di HCl 6M applico il principio secondo cui, nella diluizione, la quantità di soluto resta invariata.
Il numero di moli di soluto prima (ni) e dopo (nf) la diluizione resta invariato:
ni = nf (1)
La molarità è:
quindi:
ni = Mi · Vi (2)
nf = Mf · Vf (3)
Sostituisco la (2) e la (3) nella (1); ottengo:
Mi · Vi = Mf · Vf
Sostituisco: Mi = 12M; Mf = 6M; Vf = 10ml
12M · Vi ml = 6M · 10 ml
(di HCl prelevato)
La soluzione deve essere di 10 ml; pertanto la quantità di solvente da aggiungere sarà:
Solvente da aggiungere = Vf - Vi = 10(ml) - 4.98 (ml) = 5.02 ml di acqua da aggiungere.
Possiamo tranquillamente approssimare a 5 ml di HCl e 5 ml di acqua!
PROCEDIMENTO:
Prima di effettuare qualsiasi saggio pulire il filo di platino. Questa operazione va effettuata immergendo il filo nell'HCl contenuto nella provetta graduata e portarlo successivamente alla fiamma del Bunsen. Tale operazione va ripetuta sino a quando la fiamma non dà più alcuna colorazione.
Si porta il filo nella fiamma, mantenendone l'estremità con la sostanza, dapprima nella regione meno calda del mantello, poi nella regione di fusione più calda. (vedi Bunsen).
In tali condizioni si osservano meglio le colorazioni che gli elementi della sostanza possono impartire alla fiamma.
Queste colorazioni appaiono tanto più facilmente quanto più volatile è il composto. Così i cloruri, essendo i più volatili fra i sali metallici, sono quelli meglio atti a colorare la fiamma.
Per questo motivo si preferisce umettare la sostanza con acido cloridrico prima di esaminarla. In alcuni casi però come per i fosfati e i borati e preferibile impiegare acido solforico.
La diversa volatilità permette talvolta di osservare separatamente le colorazioni dovute a metalli contemporaneamente presenti nella sostanza.
Questo si ottiene portando, come abbiamo detto dapprima, il filo nella regione meno calda, dove volatilizzano i composti che più facilmente passano allo stato di vapore come quelli dei metalli alcalini, e poi nella regione di fusione dove la temperatura più elevata volatilizza i composti dei metalli alcalino terrosi meno volatili.
Talune colorazioni sono mascherate da altre: in questi casi per svelarle si deve osservare la fiamma attraverso opportuni vetri colorati.
Così la colorazione gialla del sodio maschera quella del litio e quella violetta del potassio; per svelare queste è necessario esaminare la fiamma attraverso un vetro azzurro al cobalto.
Si può anche filtrare la luce attraverso una soluzione di indaco.
La colorazione gialla del sodio viene tutta assorbita dal vetro, mentre quelle del litio e del potassio appaiono egualmente.
Le colorazioni di questi ultimi due metalli si differenziano dal fatto che, se lo spessore del vetro è grande, anche la colorazione del litio viene estinta quando quella del potassio è ancora perfettamente visibile.
Il filo di platino dopo l'uso si lava con acido cloridrico diluito e lo si arroventa fino a che non dà più nessuna colorazione.
CARBONATO DI LITIO:
Immergere il filo pulito nell'HCl e prelevare una piccolissima quantità di Li2CO3 da analizzare tramite la punta del filo di platino.
Questo rilascia una energia elettromagnetica radiante che al nostro occhio è visibile come un rosso carminio intenso e persistente
.
CARBONATO DI STRONZIO:
Ripetere la stessa operazione (preceduta sempre dalla pulizia del filo di platino) ma con SrCO3.
Questo, essendo un metallo alcalino terroso, non viene visto nella parte bassa ma nella parte alta della fiamma come un rosso scarlatto.
Infatti, partendo dalla base della fiamma, caratterizzata da una temperatura minore (circa 300 °C), si osservano i cationi che necessitano di energia minore per essere osservati; nella zona di fusione ( 1400 °C) si osservano, invece, i cationi restanti, del secondo gruppo (come lo Stronzio) che necessitano di energia maggiore.
CONCLUSIONI:
I saggi eseguiti sono una prova sperimentale dell'eccitazione elettronica che si ottiene quando una sostanza viene portata alla fiamma di un becco Bunsen.
Il colore della fiamma è caratteristico per ogni elemento, pertanto in base a questo colore è possibile l'identificazione della sostanza.
Le colorazioni che si possono osservare e le sostanze alle quali sono dovute sono le seguenti:
GIALLA: composti di sodio
GIALLO-ROSSA: calcio
GIALLO-VERDE: bario
VERDE: tallio
ROSSO: litio e stronzio
VIOLETTA: potassio, di rubidio, di cesio e di ammonio (la fiamma di ammonio ha un aspetto più livido di quello del potassio e filtra ugualmente attraverso il vetro di cobalto)
AZZURRA: rame (nei cloruri e bromuri)
AZZURRA-LIVIDA: arsenico e di antimonio
N.B.
Se Ba e Sr sono presenti come solfati non posso evidenziarli alla fiamma ossidante; bisogna quindi portare la sostanza sulla fiamma riducente per 5-10 minuti.
Si ha:
2BaSO4 + 8 C → 2BaS + 8CO
CO proviene dalla parte riducente della fiamma!
BaS + 2HCl → BaCl2 + H2S



